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domenica 7 marzo 2021

                                      Vecchiaia

"Quant'è brutta la vecchiaia" ripeteva sempre la mamma della vicina di casa dei miei genitori, una signora dai capelli grigi raccolti in uno chignon, alta e magra, sempre vestita di nero, prossima ai 90 anni, qualche acciacco, ma autosufficiente in tutto, ma in ogni occasione ripeteva questa frase che era il suo mantra.
Ma non ci pensavo, non davo peso a quella frase detta e ridetta da una persona in là con gli anni, da giovani non si pensa alla vecchiaia, i tuoi nonni non li vedi come degli anziani, perchè loro sono i tuoi nonni.
Poi arriva, lenta, inesorabile.
Oggi, se te lo puoi permettere, con la medicina puoi contrastare i segni dell'invecchiamento del viso, stirare le rughe, sollevare le palpebre, ma i tuoi occhi che gli anni hanno rimpicciolito, hanno bisogno di lenti che ingrandiscano i caratteri, altrimenti non riesci a leggere. Poi dimentichi cosa sei sceso a prendere in cantina, poi arrivano i dolori alle ginocchia, o alle mani, o alla schiena.
E poi la lentezza, per ogni cosa che facevi rapidamente, impieghi più tempo.
E la stanchezza. Devastante. Una stanchezza che rende faticoso ogni movimento, anche il respirare costa fatica.
E allora ti tornano in mente quelle parole: "Quant'è brutta la vecchiaia" e ne comprendi il significato.
E allora speri solo di veder invecchiare i tuoi cari in salute, attivi mente e corpo come una parte degli anziani, consapevole del tramonto che arriva.
©Eugenì Effe